Apple ha aperto un altro passaggio nel suo App Store: le regole sono piuttosto ferree ma è un punto di partenza per giocare su iPhone.
Merito anche di quello che potremmo definire il grimaldello europeo, Apple ha annunciato una innovativa apertura per quello che riguarda il mondo del gaming sui device che fanno parte del suo ecosistema.
L’annuncio ha fatto il giro dei social e l’entusiasmo è palpabile. Si tratta, ed è un dato oggettivo, di un passo in una direzione assolutamente insolita per la società della Mela ed è un passo che avvicina i suoi device alle necessità di giocatori e giocatrici.
Ma, si tratta di Apple, ci sono tutta una serie di dettagli che andranno rispettati. La mossa comunque sembra decisamente innescata dalla nuova legislazione cui il colosso americano deve sottostare un Europa.
L’idea di utilizzare un device della Mela non solo come status symbol e non solo come strumento di lavoro è difficile da trasformare in realtà. La protezione, qualcuno dice la chiusura, dell’ecosistema rende infatti il porting e la pubblicazione di contenuti per l’ambiente Apple molto più complicata rispetto ad altri sistemi e altre piattaforme.
Qualcosa finalmente si sta muovendo, almeno per quello che riguarda le app disponibili su App Store. Venerdì scorso è infatti stato aggiornato un post sul sito che Apple dedica ai developer. In questo post aggiornato si legge a chiare lettere che gli emulatori possono essere inseriti sullo store. Un passo importante dato che, finora, tutti gli emulatori erano completamente banditi dalla piattaforma e chi voleva installarli doveva passare attraverso il jailbreak. Se si tiene in considerazione questo elemento è chiaro come la decisione di Apple non sia tanto, o non solo, una concessione ai propri utenti e ai propri giocatori quanto anche un modo per evitare che abbiano effettivamente bisogno di installare quei marketplace di terze parti dove, come succede ogni volta che si va al supermercato, si entra per una cosa e si esce con il carrello pieno.
La normativa entrata in vigore in Europa obbliga Apple adesso ad essere più elastica e, pur con le sue regole, a permettere la distribuzione di app e software attraverso marketplace che non controlla direttamente. Se gli utenti dovessero trovare ciò di cui hanno bisogno all’interno dell’App Store originale, potrebbero non aver voglia di installare i marketplace esterni e quindi anche le eventuali commissioni sulle vendite non uscirebbero dalle ecosistema della Mela. Per quello che riguarda ciò che poi si potrà utilizzare come software all’interno di questi emulatori, ciò che Apple scrive è come sempre un po’ fumoso: “siete responsabili di tutti i software offerti all’interno della vostra app, compreso assicurarvi che questi software siano corrispondenti alle linee guida e a tutte le leggi applicabili“. L’interpretazione di questa frase potrebbe essere la doccia gelata dopo l’apertura speranzosa.
Chi compila infatti il software per creare i retroemulatori difficilmente è anche tenutario dei diritti per l’utilizzo di quelle che in gergo si chiamano ROMM e che arrivano poi da altre fonti, un po’ più grigie a livello legislativo quando non del tutto nere. Se il responsabile di chi mette sull’App Store il suo emulatore è responsabile del software che sull’emulatore gira è chiaro che la lista di chi può pubblicare emulatori si restringe. A proposito di emulatori è interessante quello che per esempio qualcuno commenta online, immaginando che un coraggioso sviluppatore riesca a infilare su App Store un emulatore costruito per Android che, una volta avviato permetta di accedere al Google Play Store.
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