Chi le compra più le console? Qualcuno lo fa e ancora ci gioca. Alcuni dati in particolare però dipingono un quadro piuttosto retrò.
I videogiochi sono roba da bambini. No, i videogiochi sono una forma d’arte e come tale apprezzati da tutte le generazioni. No, i videogiochi sono i videogiochi.
Esattamente come per qualunque altro modo in cui l’essere umano si esprime, ci sono quelli con la profondità di una pozzanghera al sole e quelli che non basta una vita per comprenderli a fondo. Ed esattamente come cambia la percezione di che cos’è un videogioco cambia anche la demografia di chi gioca e dove.
Chi ha vissuto la propria infanzia tra gli Anni ’70 e gli Anni ’90 si è trovato in un momento in cui quella cosa chiamata videogiochi poteva essere sperimentata in pratica solo e soltanto acquistando un oggetto preciso. Le generazioni più giovani, invece, hanno scoperto da tempo che quell’oggetto pesante e ingombrante può essere sostituito da qualcosa di più piccolo, portatile e che comunque hanno sempre in mano. È un problema se ad acquistare console per giocare sono solo gli adulti dai 40 anni in su? Cosa i developer possono imparare da ciò?
La discussione si è spalancata quando Matt Piscatella, executive director di Circana ex Activision e Warner Bros Games, ha condiviso sul social di Elon Musk una serie di dati riguardo la demografia di chi compra hardware per videogiochi. Il grafico prende in considerazione il periodo dal gennaio 2020 fino al dicembre 2023.
Le due linee che rappresentano i ragazzi tra i 18 e 24 anni e quelli che hanno più di 55 anni ci sono incontrate e sfiorate un paio di volte nei momenti più bui della pandemia. Ma poi, più o meno a partire da luglio 2021, si sono progressivamente allontanate con i ragazzi sotto i 25 anni che sono scesi al 7% tra quelli che acquistano hardware per videogiochi e gli adulti sopra i 55 anni che invece sono schizzati al 23%.
Nel mezzo ovviamente c’è tutto il resto ma la distanza tra questi due gruppi demografici è qualcosa di cui parlare. Chi ha adesso meno di 25 anni non ha in realtà vissuto un’epoca in cui la tecnologia non era portatile, il che significa che probabilmente fa molta più fatica anche a immaginare che si debba giocare fermi seduti davanti a uno schermo con un pad in mano attaccato magari addirittura ancora un filo.
Una vera e propria eresia. Ed è per questo, tra i molti elementi ci sono anche quelli economici, che notiamo la distanza con chi ha più di 55 anni e c’era quando le console erano enormi, lente e di certo non ci si poteva lamentare del framerate. Per la generazione di chi ha tra 40 e 60 anni il gioco è la console ed è per questo che si continua ad acquistarne.
In altro elemento su cui si può riflettere è il fatto che chi ha più di 55 anni si sta lentamente avviando verso la pensione, il che significa che ha tempo libero e che forse vuole occupare questo tempo libero tornando indietro alla propria gioventù. Per i developer di videogiochi quello che se ne può trarre è che è necessario diversificare l’offerta immaginando giochi in grado di lavorare su più fasce demografiche ma, soprattutto, in grado di essere godibili sia quando qualcuno decide di sedersi sul divano pad in mano e accende la TV sia quando invece si sta in piedi ad aspettare l’autobus in fermata.
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