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Gli autori di Life is Strange hanno nascosto i peggiori simboli nei loro giochi | Scoppia lo scandalo

Dentro Deck Nine per mesi e anni si sarebbe lavorato in condizioni di molestie continue: i dev di Life Is Strange ora al centro della polemica.

Purtroppo non è la prima volta che emergono comportamenti tossici, casi di molestie e un clima poco favorevole alla diversità all’interno dei team di sviluppo ma forse, dato che adesso al centro di un report che racconterebbe esperienze da incubo di ogni tipo per almeno parte degli sviluppatori c’è il team di Life is Strange True Colors, sembra un controsenso difficile da digerire.

Deck Nine ci ha dato Life is Strange ma la vita nel team era un incubo (foto Deck Nine) – games.it

Il gioco sviluppato da Deck Nine per Square Enix è infatti diventato da subito il preferito di tutti quelli che l’hanno giocato e, vi basta chiedere a chi l’ha provato, è uno dei giochi forse più profondi in termini di tematiche che sia mai stato concepito.

Come raccontato però da alcuni membri del team di sviluppo (attualmente presenti o ex) tutto quello che abbiamo sperimentato con True Colors è stato in buona sostanza frutto di una guerra contro il razzismo, il sessismo e il qualunquismo. La punta dell’iceberg sarebbero stati i vari simboli a quanto pare legati al Nazismo infilati tra gli asset. Ma sotto, nel report composto dai colleghi di IGN US in base alle testimonianze, c’è una montagna di tossicità.

Life is Strange True Colors, il resoconto di un incubo

Il lungo report che i colleghi di IGN US hanno messo insieme con le testimonianze di molti ex developer di Deck Nine dipinge purtroppo una situazione che non è nuova tra i team di sviluppo. È già capitato in passato di scoprire accuse di molestie perpretate soprattutto ai danni delle donne e delle minoranze che lavorano dentro i videogiochi, casi di sessismo e aggressioni più o meno nascoste.

Dietro le quinte di Life is Strange non andava tutto bene (foto Deck Nine) – games.it

E non ci stupiamo neanche che mentre il publisher, Square Enix, ancora non abbia espresso nessun tipo di commento riguardo ciò che sarebbe emerso nel report, Deck Nine ha rilasciato alcune note in cui si legge per esempio che il team “ha sempre condotto indagini interne approfondite in caso di problemi” e poi più avanti (dopo aver sottolineato di avere intenzione di “integrare nuovi strumenti” per avere un controllo sugli elementi dei giochi prodotti), che è anche in fase di rilascio “training formale contro le parole d’odio e processi per informare meglio e dare ai membri del team risorse attuabili per rimanere vigili come studio collettivo“.

Queste parole sono state però la reazione al lungo report in cui molti (ex) membri hanno raccontato come per esempio proprio tra gli asset abbiano iniziato ad apparire lungo il percorso di sviluppo simboli nazisti e che, nonostante gli opportuni messaggi mandati a chi di dovere, quei simboli non volessero sparire.

La situazione peggiore però si sarebbe creata intorno al lavoro di Zac Garris, CCO e narrative director arrivato nel 2016, al centro di diversi racconti. Secondo le fonti raccolte dai IGN, infatti, Garris avrebbe in una occasione scritto una scena e solo dopo tre ore di discussione e racconti di prima mano avrebbe deciso di eliminarla perché sarebbe stata inutilmente traumatiche e violenta salvo poi sottolineare che, riassumendo, gli autori dovrebbero essere più creativi.

Altre fonti anonime avrebbero raccontato poi di come sempre Garris si sarebbe lamentato di alcune scelte del team e che se invece avesse potuto lavorare a un gioco con Nathan Drake sarebbe stato tutto più facile. Di nuovo, non è la prima volta che all’interno dei team di sviluppo si trovano persone che non sanno comportarsi da esseri umani ma sembra assurdo che questo genere di persone, questo genere di atteggiamenti e queste situazioni si siano verificate all’interno del team di sviluppo che ci ha dato una storia come quella raccontata da True Colors.

Se potessimo fare come suggerito da Garris, che ha rilasciato alcune dichiarazioni, e guardare al team di sviluppo per quello che fa e non per i racconti “di pochi ciechi“ sarebbe tutto più facile. Ma si può davvero?

Valeria Poropat

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