Se pensate a Nintendo cosa vi viene in mente? Di certo non questi giochi ed è per questo che la società non ne ha più fatti e non ne farà.
Nintendo sembra la società che non sbaglia un colpo. Eppure sappiamo che nel suo passato ci sono alcune ciambelle un po’ malconce e che sono state la tromba che è squillata per cambiare rotta.
O meglio, per non cambiarla affatto. Riemerge in questo momento così fluido per tutta l’industria dei videogiochi una vecchia intervista a quella che è considerata ancora una delle personalità più importanti della storia della società della grande N.
Una vecchia intervista in cui fu chiarito che per Nintendo alcuni giochi, su alcune piattaforme, non erano possibili. Non perché non avrebbero portato soldi ma perché avrebbero distrutto l’identità della società.
Sembra un controsenso. Nintendo ci ha infatti abituato proprio a console che permettono di giocare fuori dall’ambiente domestico. A partire dallo storico Game Boy, il mattoncino grigio per eccellenza, fino a Nintendo Switch la società si è contraddistinta proprio per la volontà di portare i propri giochi a persone che non hanno strettamente necessità di giocare su grandi schermi dentro casa. Ma c’è stato un momento nella sua storia passata in cui c’è stata una piccola deviazione nel mobile. La crisi dovuta alle scarse vendite di Wii U. Era il 2012 e la console avrebbe dovuto usare la versione precedente come trampolino. E invece fu un disastro.
Un disastro non solo nel numero di pezzi venduti ma ovviamente anche un disastro economico. All’epoca era presidente Satoru Iwata che rimase poi in carica fino al 2015, anno della sua morte. Intervistato nel 2012, proprio mentre la sua società perdeva milioni, l’ex presidente Nintendo chiarì che l’idea di fare giochi mobile non era accettabile: “se lo facessimo Nintendo smetterebbe di essere Nintendo” disse a Nikkei sottolineando di non essere presidente per “i profitti a breve termine” ma che riteneva sua responsabilità “la potenza competitiva di Nintendo nel medio e lungo periodo“. Sappiamo però poi che comunque alcuni giochi mobile sono arrivati ma sappiamo anche che non sono semplicemente dei porting.
E di nuovo quindi nel 2015 intervistato da Time, ancora Iwata spiegò che non era un controsenso rispetto a quello che aveva detto pochi anni prima sul mobile, perché i giochi prodotti sarebbero stati sviluppati e pensati espressamente per i device su cui dovevano andare. Ma nonostante l’impegno, lentamente poi l’interesse per i prodotti mobile sia da parte della società sia da parte dei giocatori si è affievolito. L’anno scorso il Game Director di Nintendo Shigeru Miyamoto ha per esempio dichiarato che il futuro di Mario non è nel mobile. I fan e i giocatori sono divisi riguardo la scelta di Nintendo di provare con il mobile ma non con particolare trasporto.
C’è chi rimprovera alla società di voler per forza portare giochi diversi quando invece basterebbe fare proprio quel porting che invece nessuno vuole fare e mettere i classici giochi di Mario in versione mobile per raccogliere i soldi con la proverbiale pala. Ma Nintendo è sempre stata una società che ha camminato su due binari: uno le console e l’altro i software per quella console. Spingersi su un solo binario ne farebbe aumentare i profitti ma, e in questo Iwata aveva ragione (e non solo in questo), Nintendo smetterebbe di essere Nintendo.
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