Phil Spencer ha spiegato perchè Xbox ha licenziato dopo l’acquisizione di ABK ma la community non ci sta e scoppia la polemica.
Spencer, capo di Xbox, si è aperto con i colleghi di Polygon e ha parlato di ciò che sta a quanto pare accadendo in tutta l’industria dei videogiochi.
Tra gli argomenti trattati non potevano non esserci i licenziamenti che hanno colpito le società dell’universo Activision Blizzard King nel momento in cui è stata finalizzata l’acquisizione. Provando a seguire il ragionamento di Spencer su ciò che Xbox ha dovuto fare si scopre che c’è di certo una più che discreta dose di logica.
E del resto quando ci sono delle acquisizioni e società simili si ritrovano a condividere gli uffici, le ridondanze (una parola gelida che indica persone che occupano la stessa posizione lavorativa e che sono quindi in sovrannumero), sono all’ordine del giorno. Ma, come per altre occasioni, forse c’era un altro modo per spiegare perché sono stati mandati a casa così tanti lavoratori senza che ci risuonassero nella testa ancora e ancora le parole taglienti di un altro CEO, quello di Larian Studios, che durante il suo intervento alla GDC ha chiamato le cose con il loro nome.
Tutto il ragionamento del capo di Xbox parte dall’idea che, anche se le console continuano ad essere vendute, in realtà non si registra una reale crescita nel settore. Chi acquista adesso le nuove versioni non è un nuovo consumatore che si affaccia al mondo del gaming ma qualcuno che semplicemente sta facendo upgrade. Il che significa che le console vendono ma vendono sempre lo stesso numero di pezzi verrebbe da dire. “Non puoi avere successo a meno che non attiri consumatori da altri publisher e altre piattaforme. E dato che non trovi nuovi consumatori con i giochi che costruisci, tutti stanno tipo combattendo per lo stesso premio“.
Questo è il suo ragionamento. Un ragionamento che poi diventa estremamente più tecnico. Il contesto di mancata crescita del settore unito ai problemi dei costi, o meglio al problema di un reale e prevedibile calcolo dei costi, per produrre videogiochi adesso ha portato la sua società a decidere di eliminare alcuni elementi e di accorpare dove era possibile. Sui social queste parole sono suonate come la conferma che aveva ragione Swen Vincke, CEO di Larian Studios, quando parlando nel suo intervento tenutosi durante la GDC di quest’anno aveva nominato apertamente la “avidità” come causa dei licenziamenti, messi in atto per far contenti gli azionisti e dare loro il ritorno economico atteso.
Potremmo essere presi anche noi dall’onda emotiva (giustificata) e accusare ciecamente le società di voler solo far contenti gli azionisti. E in parte questo è un problema. È un problema oggettivo e presente che però viene forse da una serie di politiche interne ai publisher e alle grandi società, che hanno provato in blocco a fare il proverbiale passo più lungo della gamba, accecate da quello che stava succedendo negli anni della pandemia per poi trovarsi a non vedere più i grafici in salita e quindi a trovare purtroppo la via d’uscita più facile: ridurre il personale per poter ridurre le spese e quindi aumentare dividendi.
Non è giusto e non è così che dovrebbe essere l’industria. E il CEO di Larian Studios ha ragione. Ma i videogiochi sono un business e come tale, molto in alto, vengono visti. Quello che come giocatori possiamo fare è decidere con il nostro portafoglio, premiando quelle società che sono innovative realmente per dare una indicazione di dove deve andare l’industria. Lamentarci e poi correre tutti a comprare il nuovo blockbuster di turno costato una cifra faraonica non cambierà nulla.
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