Starfield ha un problema? Ne ha molti ma ce n’è uno che chi l’ha finito ha toccato con mano. E il motivo è stato svelato di recente dai dev.
Starfield, la grande epopea firmata Bethesda non è stata forse il successo che tutti si aspettavano sarebbe stato. Non è un brutto gioco e non è neanche quel vuoto che i suoi detrattori più acerrimi vorrebbero farci credere. Ma non è neanche il gioco perfetto.
In alcuni punti della storia principale risulta evidente che qualcuno non avesse le idee chiare. Nel corso di una recente intervista l’ex Lead Quest Designer ha finalmente gettato un po’ di luce sul perché il finale del gioco non sembra accendere tutti gli interruttori nel modo giusto. Tutta colpa del tempo tiranno a quanto pare.
Starfield vittima della sua stessa grandezza?
Il gioco immaginato da Bethesda come grande immensa avventura nello spazio è un gioco effettivamente molto grande. Il numero di pianeti tra cui si può saltellare collezionando qualunque cosa non sia bullonata al pavimento potrebbe diventare la vostra nuova casa digitale. Per chi però lo vorrebbe sperimentare come avventura single player e non come sorta di gigantesca simulazione del futuro c’è qualcosa che non torna. La fine della quest principale che si svolge in un francobollo di spazio rispetto alla vastità dell’universo che è stato messo su.
Una quest principale che, ha raccontato Will Shen ex Lead Quest Designer di Bethesda, è diventata in pratica il suo incubo. Il developer ha infatti raccontato alla GDC che si sta svolgendo in questi giorni di essersi improvvisamente tutti i resi conto di come mancasse nei fatti un luogo per avere il palcoscenico ideale per il finale pirotecnico che il gioco meritava. Lavorando però in maniera forsennata, con sviluppatori e team di sostegno sparsi su tutto il globo, questo dettaglio di dimensioni sufficientemente grandi era sfuggito fino all’ultimo e costretto Shen e tutto il suo team a fare gli straordinari per riuscire a mettere insieme qualcosa. Gestire in totale oltre 500 persone può fare di questi scherzi.
Purtroppo quindi proprio la struttura con cui Bethesda ha deciso di lavorare su Starfield sembra essere il motivo per cui il gioco sembra partire alla grande, verso un reale viaggio cosmico per poi concludersi fin troppo velocemente e con una quest non all’altezza, per esempio, delle molte altre quest secondarie esplorate dai giocatori.
Il racconto di Shen prosegue poi raccontando di come il processo per far approvare qualunque decisione fosse talmente tanto lungo e farraginoso da creare inutili lungaggini: “chiedere per qualcosa di semplice come una sedia non era così semplice. Ti servono le animazioni? Ti servono gli effetti sonori? Quanto tempo aggiunge alla schedule se non può essere accomodata al suo interno perché uno dei team non ha abbastanza tempo?” e per evitare di bucare di nuovo l’uscita è nata l’idea dei salti dimensionali per poter, nei fatti, riciclare le location già pronte per l’ultimo scontro. Se anche voi vi siete sentiti un po’ spaesati dal finale di Starfield ora sapete che cos’è che non vi sta piacendo.