La navigazione in incognito non era così privata come pensavamo ma adesso, anche se Google non pagherà un cent, almeno ci sarà trasparenza.
Quelle volte in cui avete utilizzato la modalità in incognito per navigare su Google non vi siete forse accorti che in realtà la modalità era in incognito ma solo per gli utenti.
Secondo quanto emerso da una indagine che si è poi trasformata in un accordo davanti a un giudice federale, infatti, Google non ha mai creato una modalità realmente in incognito. Ovvero una modalità in cui nessuno sapeva quello che avevamo cercato, i siti che avevamo visitato e dove avevamo cliccato.
Come succede sempre, la verità è stata sotto gli occhi degli utenti da subito ma nessuno è riuscito mai a farci caso perché, come emerso dalle carte, il modo in cui la modalità in incognito veniva descritta agli utenti era un capolavoro di mascheramento delle intenzioni reali. Come cambierà adesso la situazione?
La modalità in incognito di Google non era in incognito
L’utilizzo di una modalità di navigazione che non contempla la raccolta di dati personali, che non lascia tracce nella cronologia del browser, che in buona sostanza permette di entrare e uscire da internet senza che qualcuno se ne accorga. Questo è sulla carta quello che chiunque potrebbe pensare di una modalità definita in incognito. Ma la verità è a quanto pare molto diversa.
E adesso Google ha dovuto promettere di effettivamente eliminare le migliaia di dati personali comunque raccolti. Oltre a questa eliminazione la società della grande G dovrà anche cambiare il modo in cui spiega quello che nei fatti viene raccolto comunque. Il cambiamento è arrivato da un po’ ma la questione giudiziaria si è nei fatti conclusa solo adesso.
Da una parte è di certo una vittoria per gli utenti, più che altro perché la società è stata costretta a essere più trasparente nel dire quali sono i reali dati che vengono nascosti nella navigazione in incognito, ma guardando alla vertenza giudiziaria dal punto di vista di Google si tratta di una vittoria economica.
Perché anche se è stato riconosciuto che nei fatti Google ha cercato di mascherare la reale estensione della raccolta dati nella modalità che avrebbe dovuto renderci indistinguibili dalla carta da parati di internet, la società non dovrà pagare neanche un centesimo agli utenti che hanno partecipato alla class action. Quello che però potranno fare sarà chiedere i danni individualmente.
Con un po’ di cinismo, decisamente una modalità in cui i dati personali non venivano raccolti in alcun modo suonava fin troppo bella per essere vera e in effetti non lo era ma se usavate la modalità in incognito solo perché avevate un computer condiviso e non volevate far sapere ad altri quello che stavate cercando, questo aspetto non è stato toccato. Nessuno a parte la grande G saprà se siete andati a leggere su quel sito o avete cliccato su quel link.